In breve

Una splendida traversata che collega i valloni di Gura e di Sea attraverso il severissimo passo delle Lose. L’itinerario attraversa ambienti molto selvaggi, dove sono fondamentali ottime capacità d’orientamento e adeguata attrezzatura, ed è da intraprendere solo in giornate dal meteo stabile. Un percorso spettacolare, impegnativo tecnicamente e fisicamente, anche se questo non traspare dai modesti dati tecnici.


Partenza

Indicazioni

Percorrere la balconata del rifugio Daviso (2.280 m) da est verso ovest. Oltrepassati i servizi igienici imboccare il sentiero diretto verso ovest (tacche bianco-rosse). Dopo pochi metri lasciarlo per scendere a sinistra un ripido pendio erboso (attenzione: segnalazioni assenti). Poco più in basso si ritrovano alcune tacche segnavia. Con un traverso discendente dirigersi verso il grande impluvio detritico del torrente di fusione del ghiacciaio Martellot (nevaio fino a tarda estate che potrebbe richiedere l’uso dei ramponi).

Dopo averlo attraversato con un po’ di cautela, proseguire sul versante opposto a mezzacosta lungo un sentiero non sempre evidente, parzialmente invaso dalla vegetazione e leggermente aereo, con splendide vedute sul pendio del rifugio Daviso.

Dopo un lungo tratto, superando altri rii laterali, raggiungere il rifugio Ferreri-Rivero (2.211 m). A dispetto del nome non si tratta di un rifugio custodito ma di uno spartano bivacco. Qui giunge da valle un sentiero, utilizzabile come via di fuga, anche se ripido e attrezzato con catene in alcuni punti.

Proseguire in salita verso sud sul sentiero, abbastanza evidente anche se avaro di tacche, che compie un traverso. Raggiunto un costone erboso il sentiero piega verso destra per risalirlo. Ci si trova in una zona semplicemente superba: un grandioso anfiteatro che ospita il ghiacciaio del Mulinet, diviso nei bacini sud e nord. Il sentiero è diretto verso l’ex bivacco Rivero, più volte distrutto dalle valanghe, motivo per cui è stato definitivamente abbandonato co-intitolando al magistrato e alpinista Michele Rivero il rifugio Ferreri.

Intorno ai 2.300 m di quota abbandonarlo e piegare a sinistra, fuori sentiero e senza alcuna indicazione, scendendo il profondo impluvio detritico del rio Brafaman. Attraversarlo e risalire alla meglio il franoso versante opposto. Prendendo come riferimento una traccia che incide le balze rocciose marcata da grandi tacche bianche-rosse, attraversare la faticosa pietraia fino all’attacco della via: una ripida rampa erbosa attrezzata con cavo metallico. Qua è consigliato indossare casco, imbrago e doppia longe visto che occorre superare una serie di esili cengette molto esposte che, con vari saliscendi, tagliano la parete rocciosa. Sebbene siano quasi interamente attrezzate è meglio verificare sempre lo stato del cavo prima di affidarcisi completamente.

Al termine delle cenge la traccia piega a destra risalendo un ripidissimo pendio (qualche rara tacca), prima tra roccette e poi su erba, fino al culmine, dove si trova un breve tratto attrezzato con cavo diretto verso sinistra. Poco dopo occorre oltrepassare un caratteristico masso incastrato che forma uno stretto pertugio nel quale è necessario infilarsi togliendo lo zaino (per passare non è concesso essere fuori forma!).

Poco dopo il percorso supera avvallamenti sbarrati da incombenti pareti rocciose, perde una trentina di metri di quota e doppia un costone. Giunti in un canalone detritico aggirare da sinistra un grande nevaio sospeso di solito presente anche in tarda estate (a inizio stagione potrebbero essere necessari ramponi e piccozza).

Proseguire risalendo l’instabile canalone detritico fino a raggiungerne la sezione centrale costituita da roccette montonate. Alcuni passaggi, seppur non particolarmente esposti, richiedono l’uso delle mani (I grado), mentre due brevi tratti sono attrezzati con cavo di sicurezza.

Giunti nel severissimo anfiteatro superiore, risalirlo centralmente per poi piegare verso sinistra, dove le tacche si perdono. Aggirato un altro nevaio sospeso risalire a vista massi accatastati e lastroni appoggiati dall’ottimo grip sbucando finalmente sul severo passo delle Lose (2.870 m). Da questo pulpito si godono panorami fantastici da una parte (sud-ovest) verso l’Uja di Ciamarella e dall’altra (nord) verso la Levanna, con il Gran Paradiso che spunta alla sua destra.

Superato un breve traverso aereo attrezzato scendere con decisione tra enormi massi accatastati seguendo alcune tacche e qualche ometto. Progressivamente il terreno si fa meno inclinato trasformandosi in una serie di terrazzi naturali collegati da ripidi pendii erbosi. Il percorso corretto però non è evidente perché le tacche sono scarse ed è facile perdere di vista i pochi ometti.

Scendere progressivamente verso il pianoro del gias Piatou (2.200 m), nei cui pressi si trova il basamento dell’antico rifugio Guido Rey. Giunti sul sentiero che rimonta il vallone di Sea scendere a sinistra verso una strettoia dove si trova la cosiddetta scala di Napoleone, una vera e propria scalinata chiusa sui due lati da pareti rocciose, seguita da una passerella di lose con cavo corrimano che permette di superare un canalino esposto.

Il sentiero prosegue in discesa con ripide serpentine per poi giungere sul grande altopiano del gias Nuovo (1.893 m), dove si trova un bivacco. Il comune di Groscavallo, proprietario della struttura, non gli ha mai assegnato un nome ufficiale, motivo per cui talvolta è indicato come bivacco Gias Nuovo e altre come bivacco Aquilotto.

Scendere sull’ampia stradina che con dolci saliscendi taglia il grande altopiano. Improvvisamente si riduce a sentierino che scende verso le baite dell’alpe di Sea (1.791 m), addossate a un enorme roccione che divide in due il vallone.

Una malandata passerella oltrepassa il torrente Stura di Sea. Poco oltre si ignora una diramazione a destra diretta verso il passo dell’Ometto. Il sentiero prosegue sul fianco del torrente impetuoso, che si abbassa per poi riavvicinarsi. Più a valle si raggiungono le due grandi baite della Balma Massiet (1.500 m), che nascondono soluzioni architettoniche di pregio.

Attraversato il letto del rio, grazie a una passerella si torna definitivamente sul versante sinistro ai piedi di pareti rocciose solcate da molte vie d’arrampicata. Lungo questo tratto si incontrano i “pensieri tra le rocce”, ossia pannelli che riportano aforismi sulla montagna di scrittori, filosofi e alpinisti.

La lunga discesa prosegue tra tratti cupi chiusi da alte pareti rocciose, poi il sentiero si allarga a sterrata che scende verso Forno Alpi Graie. Confluiti su una più ampia strada bianca seguirla verso sinistra giungendo in breve al ponte sul torrente Gura dove si chiude questa magnifica e impegnativa traversata.

Testo di Valerio Dutto di Cuneotrekking.com

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